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Tra Usa e Giappone la guerra dei dazi passa per i chicchi di riso

AttualitàTra Usa e Giappone la guerra dei dazi passa per i chicchi di riso

Roma, 3 lug. (askanews) – Mentre Donald Trump annuncia accordi commerciali anche con un paese che, storicamente, ha un passato da nemico e appartiene a un orizzonte politico piuttosto lontano da quello del presidente Usa, cioè il Vietnam, con il principale alleato asiatico dell’America, il Giappone, le trattative sui dazi non vanno bene e uno dei principali ostacoli a un possibile accordo tra Tokyo e Washington appare essere l’alimento base dei nipponici, il riso.

L’ultima missione negli Stati uniti del principale negoziatore giapponese, il ministro della Rivitalizzazione economica Ryosei Akazawa, non è andata bene. Lo scorso fine settimana, l’inviato giapponese ha tenuto negli Usa il settimo ciclo di colloqui, incontrando il segretario al Commercio Howard Lutnick. Non ha invece ottenuto ascolto da parte del segretario al Tesoro Scott Bessent.

Il suo ritorno in Giappone è stato accompagnato da dichiarazioni bellicose di Trump, che ha detto chiaramente di non voler revocare i dazi del 25% sulle automobili. In particolare, il presidente americano si è scagliato contro l’ostinazione giapponese nel non voler aprire il mercato del riso, ponendolo come esempio. Sui social network, il presidente americano ha scritto: “Prendete il Giappone come esempio di quanto certi Paesi si siano montati la testa con gli Stati uniti: non accettano il nostro riso, eppure hanno una carenza immensa”.

La risposta di Akazawa è stata piuttosto secca. Il Giappone, ha detto tornando a Tokyo, non accetterà “alcun accordo che danneggi i suoi interessi nazionali”.

Il riso non è un tema cruciale solo per un fatto culturale, cioè per la sua posizione centrale nella dieta dei giapponesi, ma per una questione di equilibri sociali, economici e anche politici interni.

Al momento, e Tokyo non ha intenzione di modificarlo, è in vigore un dazio di 2,4 dollari per ogni chilogrammo di riso proveniente dagli Usa – nello specifico dalla California – come stabilito già dal 1999, quando il Giappone aprì il mercato con una decisione scioccante per i suoi cittadini, i quali per la prima volta percepirono di aver perso la loro autosufficienza alimentare.

Un dazio di questo tipo, considerando che il riso californiano è venduto per un dollaro al chilo, vuol dire che la tariffa applicata è il 240%. Ciononostante, negli ultimi mesi il Giappone ha dovuto accrescere fortemente l’import di riso dalla California a causa della carenza interna, che ha fatto lievitare i prezzi del 70%.

I dati del ministero delle Finanze mostrano che le importazioni private di riso in Giappone sono balzate a 6.838 tonnellate in aprile e a 10.605 tonnellate a maggio, contro le poche decine di tonnellate dei mesi precedenti. A maggio oltre il 75% proveniva dagli Stati Uniti, il resto da Taiwan, Thailandia e Vietnam.

Il governo avrebbe potuto cedere alla richiesta di Trump di aprire il mercato per alleviare la scarsità, ma Tokyo ritiene che un compromesso sul riso difficilmente verrebbe ricambiato da concessioni statunitensi sulla principale rivendicazione giapponese — l’eliminazione del dazio auto del 25% e l’abolizione dei dazi reciproci del 24% — come ha spiegato l’economista agrario Kazunuki Oizumi, professore emerito all’Università di Miyagi, a Nikkei Asia.

In Giappone le importazioni di riso ricadono in due categorie principali. La prima è il cosiddetto «minimum access rice», importato a dazio zero dallo Stato in virtù degli accordi del Round Uruguay del GATT del 1995. Si tratta di circa 770.000 tonnellate annue, di cui fino a 100.000 destinate all’uso alimentare, vendute all’asta al settore privato, mentre il resto va all’industria di trasformazione o all’alimentazione animale per non perturbare l’equilibrio tra offerta e domanda interna. Oltre a questa quota, si possono importare risi extra-quota pagando il dazio 2,4 dollari al chilo, in tutela dei produttori locali.

Martedì il portavoce del governo Yoshimasa Hayashi ha dichiarato: “Non abbiamo alcuna intenzione di sacrificare l’agricoltura nel corso delle trattative future”, rispondendo alla richiesta di Trump di aprire il mercato. Hayashi ha assicurato: “Continueremo a impegnarci per raggiungere un’intesa nel reciproco interesse di Giappone e Usa”.

D’altronde, il momento per il governo del primo ministro Shigeru Ishiba non sarebbe favorevole certamente a un accordo sul riso. Oggi è iniziata la campagna elettorale per il rinnovo di metà della Camera alta, con prospettive piuttosto grame per i due partiti di governo e per il primo ministro, che rischia di essere disarcionato in caso di sconfitta elettorale. E il Partito liberaldemocratico di Ishiba si è sempre presentato come il campione del mondo agricolo: un’apertura a un accordo che rischia di minare la base economica di quest’ultimo non è immaginabile, almeno fino al 21 luglio, il giorno dopo le elezioni.

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